Recensioni sull'artista Giuliana Bellini

    Quasi un centinaio di opere, comprese tra il 1987 e il 2017 e ottimamente illustrate, costituiscono il nucleo di questo volume, che contiene un testo di Giorgio segato (datato 1998). Formatasi pittoricamente a Milano, Giuliana Bellini si è poi specializzata in ambito grafico anche a Venezia e a Urbino. Le tecniche utilizzate per i fogli contenuti in questo volume spaziano dall’acquaforte, acquatinta, maniera nera puntasecca ai carbonio., Gomma lacca, stampa Hayiter, xilografia e serigrafia, arricchite talvolta dall’utilizzo di materiale aggiuntivo (nastro isolante, vernici, strappi su cartone) o da interventi di abrasione; inoltre risalgono al 2007 alcuni cliché verre ed una serie di originali fotogrammi. Sfogliando questo catalogo emerge chiaramente l’interesse dell’artista per il mondo animale, inteso non tanto in termini di ricerca scientifica o di resa descrittiva, quanto piuttosto come esemplificazione simbolica di carica vitale in continua mobilità ed espansione, che si afferma in nere masse corporee di insetti e in sequenze filamentose di meduse. Il concetto di movimento è poi presente anche in raffigurazioni-a colori e in bianco e nero-di sinuosi motti ondosi, e rappresentazioni definite paesaggi e radici e nella reiterazione di elementi cellulari, allusivi forse di quell’energia vitale che produce crescita e trasformazione continue.

    Angela Nievo


    Le forme assumono nuovo ruolo, nuove essenze, nuove espressività nell’arte di Giuliana Bellini. Acquistano così dimestichezza con gli altri personaggi a tal punto da ingannare i sensi dello spettatore. Avvengono scambi proficui tra l’ambiente e l’opera stessa atti a conferire a quest’ultima una forte naturalezza e spontaneità in nome di una sottile e continua metatesi. L’immaginazione diviene realtà e porta la prova tangibile del concetto stesso di relatività oggettiva che sta alla base di una poetica artistica che getta le basi dell’innovazione continua sebbene essa stessa sia rinnovamento continuato.

    Dino Marasà


    Eccola, questa è la grande medusa che ha creato Giuliana Bellini, un’artista a me particolarmante cara. Per due ragioni: la prima è che il suo atelier dà sullo stesso cortile al quale sistematicamente mi affaccio per fumare una sigaretta. La seconda è che Giuliana crea installazioni immaginifiche utilizzando spesso materiali di recupero. Come nel caso di questa medusa dai tentacoli in fibre ottiche e con il corpo rivestito da infinite striscioline ricavate, grazie all’uso paziente delle forbici, dalle bottigliette dell’acqua minerale. Nelle mani e nella fantasia di Giuliana, il rifiuto – la bottiglia di minerale destinata al bidone della differenziata – si trasforma in una specie di pizzo leggero che poi nobilita illuminandolo dall’interno. Mi capita di seguire le varie fasi della gestazione dei suoi lavori, a volte mi viene voglia di bussare alla porta per scambiare due chiacchiere ma poi la lascio tranquilla a seguire il suo disegno creativo. Tanto, anche se non ci diamo appuntamento, capita che lei guardi su verso il mio ballatoio e io giù, verso la porta a vetri del suo studio. Le servivano, per un’opera che deve realizzare nel nostro condominio, dei vetri levigati dal mare, quelli che si trovano sulle spiagge tra le alghe, i sassi e le conchiglie. Gliene ho portati un sacchettino, tra poco li vedrò decorare qualche spazio nel nostro palazzo dove sono già presenti due sue opere. Ve li mostrerò,

    Paola Ciccioli



    Giuliana Bellini entra in sintonia con gli umori segreti della natura, palpabili emanazioni della materia vivente, forme biologiche di polietilene, alluminio e rame che si possono accarezzare con lo sguardo e trattenere nelle pieghe dell’immaginazione. Si tratta di “forme di vita post-umane” destinate a vivere quando l’uomo si sarà estinto dalla logica del profitto e dallo sfruttamento delle risorse biologiche.

    Il messaggio ecologico di Giuliana Bellini è sintomo di un impegno etico rivolto alla società che sta distruggendosi, lo spettatore deve saper modificare questa visione allarmante come indispensabile riflessione per continuare a immaginare se stesso nella vita della natura.

    Giuliana Bellini ama trattare la materia come emanazione di energia vivente, luogo simbolico per sostenere il valore emozionale della vita per recuperare l’identità della natura che le ragioni del profitto stanno distruggendo, è un profondo grido di allarme che si agita nel grembo segreto delle cose.

    Claudio Cerritelli



    L’assestata complessità dei significati espressi attraverso simboli plastici da Giuliana Bellini, precisa motivazioni di intuizione pratica ed un’evidente intima predisposizione alla libertà di espressione nel senso più ampio possibile. Il rappresentato non risolve il puro valore foggiabile, bensì offre forme trasfuse che ne indicano la costruzione secondo scomposizioni di ritmi in una vitalità di origine mentale per cui l’opera acquisisce riferimenti che ne esaltano il dinamismo ed il ralativo suo divenire.

    L’elaborazione del visibile transita attravesro uno specchio immateriale di atmosfera e di luce, un filtro di segni che l’artista va mettendo a punto negli elementi comunicativi, indipendentemente dal titolo che la contraddistingue.

    La materia, considerata come realtà presente, consente la dimensione di un gesto in un’accentuata volontà d’azione che si espande infrangendo i limiti di uno spazio e di un tempo tradizionale, un modo di guardare l’arte attraverso dati spontanei in linguaggio primario che ha il proprio punto di fusione tra aspetti impulsivi di temperamento e di innegabile immaginazione.

    Questo modo di comporre rivela suggestivi accordi in piena “purezza variegabile” dominata dalla luce: un’opera d’arte che non si preoccupa della luce, infatti, non ha pieno diritto di “essere”, poiché la luce è la vera essenza dell’esistere.

    Giorgio Righetti


    Ci sono percorsi quotidiani, tranne che attraversiamo con passo veloce e sguardo furtivo. Visi, luoghi, vetrine. Un universo di immagini e oggetti che sfuggono alla nostra attenzione costituendo parte della nostra scenografia esistenziale.

    Esistono altri passi e altri occhi.

    Ci sono degli artisti e i loro racconti visivi. Un’infinità di osservazioni, valutazioni ed esternazioni. Una miriade di segni, colori e fantasia che ridanno valori al sentimento. Gli artisti, questi folli e generosi creativi.

    Il riferimento a quanto detto, la rivista My ART, c’era in se l’ambizione di rappresentare un concreto diario di bordo dell’Iter stilistico di alcuni di loro. Non +1 semplice contenitore di emozioni, ma un fedele compagno di avventura al quale svelare sogni e confessare paure.

    Una rivista d’arte che ha la presunzione di volersi spingere oltre il medesimo stereotipato concetto.

    Un benvenuto MyART a Giuliana Bellini

    Sandro Serradifalco


    opere energetiche attraverso le quali l’artista ci invita ad un religioso rispetto nei confronti di questo mondo ormai deturpato.

    Giuliana Bellini è un artista dotata di grande originalità che sfrutta il suo amore per la natura in tutte le sue forme, come fonte d’ispirazione per la creazione delle sue opere. Le sue installazioni sono un elogio alla bellezza che la natura ci regala ogni giorno e della quali molto spesso non ci accorgiamo. La sua predisposizione al dar vita ad un’arte scevra di quelli stilistici spesso preconfezionati dal panorama artistico contemporaneo, altro non fa che sottolineare la sua incessante ed inarrestabile voglia di libertà: libertà di pensiero, di agire, libertà di dare forma e colore a ciò che nella sua mente è solo un pensiero astratto. Le sue bellissime creazioni diventano così parte integrante dell’ambiente dove vengono installate, creando surreali paesaggi ai limiti del fiabesco. Alle volte sembrano paesaggi che richiamano le scenografie di Tim Burton, con tutti quegli sterili, quelle curve e quei riccioli, la luce filtra attraverso le sue opere, spesso dai colori trasparenti, creando 1000 giochi cromatici che trasportano all’istante nel suo mondo. Il mondo attraverso i suoi occhi e dunque ciò che ci troviamo innanzi guardando le sue creazioni, impeccabili frutti di una ricerca estetica e segnica di grande valore artistico.

    L’utilizzo di materiali diversi assemblati tra loro, ritma la composizione estetica e stilistica delle opere stesse, che muovendosi con naturalezza parlano un linguaggio segnico colto e complesso, comunicano con la stante, cui è affidato, direttamente dall’artista, il compito di decifrare le chiavi di lettura indiziarie del messaggio ecologico e di attenzione all’ambiente che Bellini vuole comunicare. Opere energetiche attraverso le quali Giuliana ci invita ad un rigoroso rispetto nei confronti di questo mondo ormai deturpato del quale la stessa artista si parla, alle volte, in maniera cruda, quasi apocalittica.

    Sandro Serradifalco


    All’Officina dell’Arte di via Alberoni 14, Piacenza, sono sempre transitati grandi artisti. E la tradizione prosegue anche dopo tristi vicende.

    Fino al 16 ottobre, nella personale “ Dipinti e incisioni”, troviamo infatti l’ultima produzione di Giuliana Bellini. Espertissima in grafica ed incisione, la creativa mantovana ha curriculum notevole con esperienze doc fra Milano e Venezia.

    Una sua “mission” è valorizzare aspetti reconditi della natura, animale o vegetale che sia. La piena padronanza di diverse tecniche le permette di svariare nei temi e nella resa espressiva cioè nella concezione. In particolare indaga diversi aspetti del reale, si avvicina alla natura con le specifiche abilità dell’arte. Ciò che più conta però è la sensibilità, determinata a volgere in arte dapprima l’organicismo proprio di molta disciplina. Poi le sempre più frequenti istanze ecologiche che, genuine, emergono frequenti e scuotono l’uomo d’oggi.

    Bellini coglie l’essenzialità come in “Radici” ( serie, acqueforti su zinco a due lastre), ma traduce anche il vitalismo primordiale come in “Cellule” (serie, pastelli a cera su legno). Ottiene poi effetti interessanti dal pirografo su legno (Vermi: Fossile), mentre la maniera nera su rame garantisce sempre intriganti contrasti (Spirale,Medusa), Semplicitàdell’arte o della natura? Entrambe.

    Bisogna però saper sintetizzare, anzi per proporre certe tecniche bisogna cogliere l’attimo.

    Orari: da martedì a sabato 16 – 19 Iffo: officinadellartepiacenza@gmail.com, 0523330244

    Piacenza, Lunedì 15 ottobre 2018 LIBERTA’

    Fabio Bianchi



    GIULIANA BELLINI è un'artista del nostro tempo; nel suo attuale percorso artistico legato alla tridimensionalita', ci propone opere caratterizzate dalla preziosità, sia nella scelta dei soggetti, che nei materiali, che selezionati dall'artista e combinati nella loro nuova entità diventano espressione di una bellezza pura e quasi sublime.

    In un'ottica non solo estetica, ma anche di elevazione spirituale e con perfetta armonia, attraverso creazioni in bilico tra valori personali e soggettivi, umani e sociali, con le tematiche delle sue installazioni GIULIANA BELLINI raggiunge totale consapevolezza di sé con la conquista anche dell'appagamento interiore.

    Le opere di GIULIANA BELLINI nascono da un immaginario di tipo simbolico, surreale e assolutamente coinvolgente; le tematiche delle sue INSTALLAZIONI sono associazioni di influenze esterne che determinano la genesi del suo lavoro: l'osservatore è spesso estasiato dalla visione dei suoi soggetti, figli di una fervida immaginazione quasi come se la natura subisse una metamorfosi per opera del filtro creativo dell'artista; da forme biologiche a forme tridimensionali con elementi che occupano uno spazio dove lo spettatore può entrare nella dimensione dell'opera; spesso l'interpretazione è lasciata al fruitore, che è libero di gustarne la nuova dimensione: tutto è costruito per modificare o comunque sollecitare la percezione dell'osservatore che diviene parte integrante del lavoro dell'artista.

    Nelle recenti opere di GIULIANA BELLINI è evidente una chiara componente innovativa, le sue creazioni sono generate da una profonda vocazione alla sperimentazione delle tecniche compositive e dei materiali. Una ricerca artistica di ampia concezione: un fare arte che è costante ricerca che nasce da una esigenza interiore, e che ci trasporta in un nuovo mondo dove la creatività e la fantasia dialogano proficuamente con il fruitore.

    In definitiva i lavori di GIULIANA BELLINI sono diretta conseguenza delle esperienze dei pionieri dell'arte concettuale degli anni 60 del 900 che con il graduale smantellamento dell'idea di oggetto pittorico o scultoreo fatto per essere esposto in galleria, favorivano nuovi spazi di interazione con lo spettatore, nuove strategie di partecipazione e una consolidata consapevolezza della relazione tra l'opera e lo spazio architettonico.

    Con questa prospettiva in cui si riconoscono le limitazioni imposte dall'ambiente tradizionale, si potrà arrivare lentamente anche a rivitalizzare spazi chiusi e musei.

    Maggio 2018

    Fausto Naso


    Giuliana Bellini: imprevisti nello spazio

    2010/12/16


    Installazioni gioiose e imprevedibili: questa l’arte di Giuliana Bellini (Castel D’Ario, MN, 1950). L’intervista.

    Installation joyful and unpredictable: This is the art of Bellini Giuliana (Castel d’Ario, MN, 1950). The interview.


    Conclusi gli studi come ceramista agli inizi degli anni ‘70, Giuliana si diploma presso l’Accademia di Belle Arti di Brera per due volte, nell’86 in pittura e nel 2006 in grafica e ha insegnato Tecniche Incisorie presso il C.F.P. del Comune di Milano. Numerose le esposizioni personali e collettive in Italia e all’estero.


    Il tuo percorso artistico è molto ricco, dalla scultura alla grafica, ma la tua fama è legata soprattutto alle installazioni. Vuoi provare a descriverci qualche tuo lavoro?

    Descrivere il mio lavoro non è facile, lo sforzo maggiore è comunicare attraverso l’immagine. Se servono troppe parole per raccontare quello che faccio allora il risultato non è quello che volevo ottenere, non funziona, manca di sintesi, pulizia. La mia ricerca comunque prosegue da anni attorno al tema della vita, partendo dalla cellula bidimensionale realizzai dipinti ad olio, cera, colle colorate, con pigmenti, varie tecniche e materiali; poi passai a forme tridimensionali che chiamai “germe” o “germinazione”. Di questa serie fa parte il lavoro presentato nel 1995 a Pisa nella Galleria Il Prato dei Miracoli, dove occupai una stanza con acqua, alle pareti delle semi-sfere (come se stessero nascendo dai muri e poi cadessero nell’acqua per germinare su steli, colorandosi di rosa). Oppure nel 1993 a Procida all’esterno di una chiesa sconsacrata realizzai un’installazione a forma di spirale con 40 elementi in ferro, in cima delle forme sferoidali si muovevano con il vento, come fossero fiori.


    Da dove parti per realizzare le installazioni?

    Per me è molto importante il luogo, nel caso si tratti di uno spazio all’aperto il mio intervento cercherà di inserirsi come elemento della natura. E’ il caso di “Piccola Foresta”, opera del 2004 inserita nel parco di Villa Braila a Lodi. Qui ho utilizzato delle bacchette in ferro alte 4 metri con, in cima, una specie di fronda in rame... Oppure in uno spazio chiuso come Torre Strozzi (Perugina), al IV piano del torrione, ho realizzato un’”invasione”, nel 2001, utilizzando 400 palloncini bianchi, gonfiati e attaccati sul pavimento e alle pareti, con un pallone centrale di un metro di diametro: una sorta di madre con i cuccioli. Essendo lo spazio quadrangolare, con aperture su tutti e 4 i lati, era soggetto a continue correnti d’aria, i palloncini mossi dal vento ogni tanto scendevano ai piani sottostanti creando una vera e propria invasione. A Castillos Los Tres Reyes del Morro, a La Havana nel 1998, in una galleria lunga 75 metri, ho inserito una serie di tentacoli con rete rivestita di polietilene fuso a caldo, disposti lungo la pareti di sinistra. In questo caso pensai a una forma di vita che attraversava la densità del muro.


    Hai mai dovuto realizzare delle opere a tema?

    Sì, in un caso per esempio ho dovuto lavorare sui “sensi” e per il lavoro “Sensualidad” che ho presentato in Spagna alla Feria de Arte de Monzon nel 2005, a GheroArte Corsico, Milano, a Perugia ed Enna, ho utilizzato 24 teli in seta, colorati di rosso, arancio, giallo, appesi al centro dello spazio in modo che potessero muoversi a ogni spostamento d’aria e ho messo delle essenze dell’odore di cioccolato sui bordi dei teli. Le persone avevano come primo impatto il colore e poi il profumo e poi il contatto fisico, il tutto nel silenzio.


    Dove possiamo ammirare i tuoi lavori?

    Attualmente sono presenti miei lavori nel giardino del centro di formazione di via Pepe 40 a Milano, dove ho allestito un lavoro in ferro e rame. Sempre a Milano, in via Pepe 16, ho realizzato un lavoro decorativo a mosaico di cm 530 x 300 sul tema dell’onda. Nel 2011 sarò presente con 2 grafiche alla Biennale di Varna in Bulgaria che si aprirà il 23 maggio.

    2010/12/16 Da: Artitude. Galleria d’Arte on Line



    Giuliana Bellini

    La tecnica adottata e preferita dall’artista permette la ricezione immediata di un messaggio schietto e sincero, e sottolinea i valori umani con piacevole continuità ed insistenza. La scelta della sua produzione artistica è soprattutto quella delle installazioni attraverso un linguaggio chiaro e una precisione di esecuzione consacrando Giuliana Bellini come artista completa e qualificata. La sua arte ha un efficace intensità rappresentativa che risulta emozionante e convincente, una ricerca che non si attiene a facili rappresentazioni formali ma coglie l’essenziale dei più profondi stati d’animo sempre nella ricerca di un futuro migliore e significativo, possiamo dire che nasconde riflessioni profonde: una persona che non si limita a una semplice composizione artistica bensì vuole trasmettere messaggi di un’interiorità attenta alla vita. I suoi lavori composti da materiali diversi come la plastica il vetro e alluminio non sono altro che emozioni materializzate sotto un’attenta padronanza dei componenti usati. Essi si concretizzano soprattutto unendo momenti di vita vissuta personali ed immagini di contemporaneità, manifestando al fruitore una forte personalità espressiva, rendendo partecipe dei suoi giochi e delle sue fantasie del comporre opere suggestivi. La sapiente osservazione artistica, è una sorta di ricerca di luoghi di compenetrazione riflessiva e meditativa non inquinanti, non contagiati, puri nella forma e nella conformazione, atti a lanciare il suo messaggio ecologico entrando in sintonia con la natura e rafforzare e ad accogliere un’emozione esistenziale liberata e gioiosa. Questa sua analisi si concretizza soprattutto per esaltare i valori reali della vita ed è questo il messaggio che Giuliana Bellini vuole lanciare a chi osserva le sue opere, un grido di dolore affinché la natura non venga distrutta definitivamente. Con qualche innesto inventivo e con una sicura dose di ironia e auspica una riscoperta della forza generatrice come energia manifesta e costantemente metaforica, nella quale l’umano è immerso in partecipe rinnovamento. Questa sua analisi si concretizza soprattutto per esaltare il mondo della natura e dell’essere umano ed è questo il messaggio che Giuliana Bellini vuole lanciare a chi osserva le sue opere: quello di una scelta esistenziale animata dall’amore autentico come unica e vera fonte di grande felicità

    2016

    Antonio Castellana


    Still Life?

    Vita. Anzi, vite. Con l’installazione proposta alla galleria PerForn contemporary Art di La Spezia, Giuliana Bellini gioca, immagina, riflette ancora una volta a partire da questo tema. E lo fa nel suo consueto linguaggio vitalistico, iridescente, metaforico e non del tutto - o non banalmente - gioioso.


    Entrando nello spazio creato dall’artista, si è proiettati in un ambiente ovattato, d’un bianco avvolgente, non freddo, che come attraverso un invisibile diaframma ci sottrae allo spazio domestico, quotidiano.

    Superato dunque il limite, calpestando un suolo particolarmente “reattivo”, ci troviamo all’improvviso nel bel mezzo di un curioso microcosmo, fatto di insolite meduse che strisciano silenziose sul pavimento, ispidi vermi che si arrampicano imperturbabili sulle pareti.

    Particolarità di queste creature la sensazione di impercettibile ma brulicante movimento (Still life?) nonostante oggetti in questione siamo inequivocabilmente… artificiali. La magnifica suggestione creativa generata dalla Bellini e proprio quella di moltiplicare la nostra percezione, che con un effetto sinestetico parte dal colore, dalla luce, dal tatto per giungere al un’impressione di vivo dinamismo.

    Questo avviene anche grazie alla scelta dei materiali, poveri e semplicissimi: polietilene fuso e colorato in rosso sanguigno per le meduse più carnose e inquietanti, maglia metallica per quelle più eleganti e nocque, filo di rame e alluminio per la miriade di baluginanti tentacoli. La stessa materia è utilizzata per gli striscianti esseri alle pareti: maglia metallica per il corpo, filo di rame per i curiosi aculei che spuntano numerosi, come luci di peli, da questi lunghi e lucenti lombrichi.

    È questa sensazione visiva di vita dinamica, ondeggiante brulicante è contrastata e in parte esaltata, dal silenzio che avvolge l’intero scenario, creando un effetto di movimento frenetico ma bloccato in una sorta di fluida istantanea, o di nevicata marina.

    E proprio questo silenzio enigmatico, che ci colpisce e ci distrae, dopo un primo momento di rapimento, da tutta la bellezza ironica e iridescente della scena, a ricondurci alla primogenita riflessione che ha generato la visione che abbiamo di fronte: quella sulla vita senza l’uomo.

    È indubbio che noi che stiamo camminando tra questi esseri fantastici siamo dei visitatori occasionali, e probabilmente indesiderati, e non microcosmo che fa tranquillamente a meno di noi, che anzi mostra un pieno equilibrio chiuso in se stesso. L’interrogativo che ci dovremmo porre - anche se forse è più rassicurante non rispondere - è se questo universo di strane esistenze cui ci troviamo di fronte non sia proprio quello che sopravviverà dopo di noi, dopo che ci saremo violentemente autodistrutti oppure ci troveremo talmente allontanati dalla vita da non essere più in grado di sostenerla, viverla. Questo è il suggerimento che già molte volte Giuliana Bellini sembra averci dato attraverso le sue opere, che sotto la veste della bellezza e dell’ ironia nascondono un pressante e assai legittimo interrogativo sulle sorti della nostra specie.

    L’appariscente veste protagonista che assumono dunque in questo contesto le fantastiche - ma anche assai reali - creature dell’artista sembra dunque essere una sorta di sarcastica rivincita da parte di tutte le “ altre “ forme di vita troppo frettolosamente ignorate e considerate con sprezzante e ingiustificato senso di superiorità, e che nascondono invece la preziosa potenzialità vitale che le traghetterà indenni, attraverso le naturali metamorfosi, verso un futuro che forse l’uomo invece si precluderà per sua stessa mano. Sotto l’ironia si cela un monito tutt’altro che divertente e leggero: il segreto è prendere la vita degli organismi più impensati? In ogni caso, attenzione: forse tra breve saremo noi a scoprirci still life…

    2007

    Giulia Altissimo


    Giuliana Bellini attiva la materia spazio e lo spazio ambiente come metafore dello spazio mentale e psichico: i segni tracciano percorsi, andamenti energetici, biologici, che si configurano come canneti, ora come onde, o fondali, movimenti e fluttuazioni cangianti a seconda dell’incidenza della luce, organismi misteriosi di corpi gonfi di pneuma e montanti, presenze oniriche tentacoli. Afferrano e guidano la percezione in aree sconosciute di progressione e risonanza, in perlustrazioni germinali di nuove direzioni, di nuove idee. Fondamentale è la sequenza, il ripetersi dei punti ed è segni come uno “ staream of Life “ e come ritmo, scansione dello spazio e del tempo instabili, variabili e, dunque, illimitati e incontenibili, anche se offerti in una porzione, in una visualizzazione parziale di fermentazioni vettoriali, che qualificano le opere soprattutto come ”installazioni “, cioè come luoghi di eventi partecipati piuttosto che oggetti da contemplare e acquisire.

    È come se Giuliana Bellini sentisse e vivesse lo spazio (quello interno, psichico e biologico e quello esterno, fisico e della natura naturans) senza soluzione di continuità e le fermentazioni, fecondazioni, aggallamenti, sospensioni fossero sia movimenti cellulari o molecolari, che modulazioni, crescente di pensiero, di emozioni, di sentimenti che conquistano spazio, evidenza, andamenti spesso musicali, armonici. Così, non è più semplicemente il luogo dell’intervento, ma anche l’oggetto, pagina e campo di modulazione e modellazione, piegamanto, distorsione alla spirale, con slittamenti di senso dal naturale all’artificiale, dal genetico all’ estetico, incostante interferenza e integrazione. È appunto questa ambiguità o polivalenza del gesto scritturale (carte scolpite), manipolo attivo e costruttivo (canneto, ma leggere di polietilene, palloncini gonfiati con elio) e installativo (occupazione di spazi esterni e interni, utilizzo delle fibre ottiche) che Giuliana Bellini ricerca e intende comunicare: aprirsi all’orizzonte visivo fino a coincidere con l’orizzonte illimitato di un pensiero attivato, in progress, in espansione multidirezionale. Il contenuto espressivo di queste opere grafiche, plastiche, di occupazione ambientale vuole essere soprattutto una testimonianza di vita, di vitalità inesausta e inesauribile che appartiene alla natura, e all’uomo in quanto natura e in quanto capacità creativa che con la natura stessa può e deve confrontarsi e collaborar anziché competere.

    Giuliana Bellini cerca ed auspica questa ritrovata armonia esistenziale, questo riscoprire il flusso energetico nel quale siamo inseriti e al quale non dobbiamo opporre resistenza, ma aderire in sintonia bioritmica, così da arricchire, e quindi arricchirci, i campi di forze positive, costruttive, germinali. Particolarmente significativa, in questa direzione di attivazione meditativa dello spazio, è la recentissima installazione con fibre ottiche, volta a immergere letteralmente lo spettatore in un’atmosfera di punti luminosi fluttuanti, come se il vuoto energetico si materializzasse in un campo di pulviscolo luminescente, riflettendosi sul corpo e con esso compenetrandosi, rianimandolo e ricaricandolo di forze positive, di capacità onirica, di potenzialità progettuale, di volontà operativa e creativa.

    Padova, maggio 1999

    Giorgio Segato


    Sequenze biogenetiche

    Da alcuni anni Giuliana Bellini concentra le sue ricerche plastiche e grafiche su sequenze segniche che assumono valore di fermenti genetici, di movimenti di energia atti a fecondare uno spazio, a trasmettere movimento, e a porsi, contemporaneamente, come metafore dei movimenti e mutamenti critici e creativi del pensiero, dell'intelligenza operativa aperta e in progress. Quel che la interessa è soprattutto cogliere, nei più disparati aspetti, forme che abbiano una forte allusività alla vita, ai processi di sviluppo, alle onde, ai flussi di energia che attivano e incessantemente mobilitano e specializzano cellule, tessuti, organismi. L’attenzione che presta a queste sequenze la spinge a entrare nel “flusso” stesso e a cogliere in sé i movlmenti, le modulazioni, le nascite, il degrado, la morte, la ripresa del ciclo biologico, in una sorta di ascolto intimo del ritmo vitale che è recupero del senso di sé, del sentirsi organismo attivo e partecipe, forma di vita che ha, insieme, aspetti comuni e aspetti assolutamente originali.

    Opera in tre situazioni abbastanza diverse dal punto di vista tecnico, dell'approccio ai materiali e del rapporto con il fruitore: da una parte ci sono le carte scolpite, incise e sollevate a colpi di bulino, secondo ritmi e flussi segnici fortemente suggestivi di mobilità, di possibilità di sempre nuove determinazioni; da un’altra parte ancora, stanno le incisioni all’acquaforte, acquaforte acquatinta, cera molle e rilievi, con stretti sviluppi filamentosi, come energia incanalata, flussi arteriosi, innervature scoperte della materia e della forma; e infine troviamo le installazioni come luoghi dell’abitare la forma della vita, del confrontarsi con percezioni allusive non certo sostitutive di coinvolgenti molteplicità, varietà, elasticità, congiunzioni, crescite, moltiplicazioni, modulazioni volumetriche, spaziali, cromatiche. Gli sviluppi lineari assumono sempre più frequentemente andamenti ad onda, come per un ricaricarsi dell’energia implicita, e che poi supera il campo, il perimetro cellulare, per riversarsi e continuare, attraverso lo spazio, in altri organismi; l’effetto della scalfitura a bulino è reso con massima evidenza da una luce radente che allunga l’ombra dei piccoli rilievi e rende vivo e percepibile l'interno del tessuto, lo spazio intimo, quello del connettivo cellulare. In tutte e tre le modalità di lavoro prevale un senso di spazialità espansa, dilatata nel campo visivo, reale, e in quello psichico, come in un ampio respiro dell’essere che consente una distribuzione libera e ludica dei riferimenti, dei punti, dei volumi. Questi ultimi poi, in struttura di rete metallica ricoperta da materiale plastico al polietilene, si offrono immediatamente al gioco, per leggerezza e colore: la “germinazione” di semi argentati o rosati, distribuiti al suolo o alzati su steli flessibili al vento, o di “carote aerobiche” che si tendono a cono verso il cielo come nuove e sorprendenti “forme di vita”, o la selva di tronchi fluorescenti con luce al neon, hanno in sé anche una leggera ironia, una volontà di gioco con la “natura naturans”, stimolata a dare nuovi frutti, nuovi segni atti a far sentire che non è del tutto domata, condizionata, confezionata dalle tecnologie, ma ancora libera, com’è libera la facoltà creativa dell'artista.

    L'idea della vita, del movimento, del costante modificarsi delle strutture energetiche si accompagna con il gioco e con la volontà di promozione e avvio di un rapporto e di un dialogo critici con la materia e con lo spazio, in un “naufragare” esplorativo dei sensi e della percezione nel microcosmo, nelle strutture minimali dell'organismo e della psiche, che diventano però macrocosmo, riverberarsi dello spazio mentale e sensitivo individuale nel grande meccanismo del grembo universale.

    In un tempo di smarrimento e di perdita di cultura sensoriale e materiale, in cui prevale una conoscenza sempre più mediata, confezionata, televisiva (e dunque necessariamente astorica, acritica, schiacciata sulla dimensione del presente, assediante e spettacolare), con i caratteri di una omologazione e omogeneizzazione che provocano la perdita degli accenti peculiari “locali”, personali, Giuliana Bellini mira, con grande semplicità, dritta al nocciolo della situazione esistenziali, a risentire il flusso della vita, a una visione e a un gesto artistici capaci di darne una proiezione lirica, poetica, di sublimata sensibilità, segnalando percorsi di ascolto e di “comprensione” non scientifici, non descrittivi, ma suggeriti direttamente dal bioritmo fondamentale, fatti emergere dal gesto e dalla sequenza di gesti forme nello spazio fisico (carta scolpita, incisione, installazioni), che si coniuga con lo spazio psichico, traducendo in configurazioni estetiche (della sensibilità) le emozioni intime, i tracciati della memoria, le scie dei sentimenti, i riverberi delle esperienze.

    C'è, nel lavoro recente di Giuliana Bellini, che si colloca tra un informale genetico e un concettuale organico ludico, una sorprendente immediatezza, che dà luminosità gioiosa e giocosa ai suoi elaborati, segno questo che l'autrice sa cogliere nell'arte, con misura e consapevolezza, i traguardi della chiarezza accattivante e coinvolgente e della migliore qualità comunicativa.

    Padova, giugno 1998

    Giorgio Segato


    MY ART rivista

    https://ita.calameo.com/read/00511220539744d41deb4



    Giuliana Bellini abita e lavora a Milano, ma i suoi spostamenti per mostre e installazioni sono frequenti. Del resto bastano pochi minuti di dialogo per capire quanto sia tesa a conoscere luoghi e persone.

    A Milano al Nuovo Aleph (corso Garibaldi 95) ho visto una sua installazione. All’angolo di 2 m scendeva una cascata di pietre di forma rotondeggiante, man mano più grandi verso il pavimento, sino ad assumere la stazza di macigni. Ho detto pietre, ma strane davvero, poiché sono costruite all’interno da una maglia d’acciaio, all’esterno da una pellicola di plastica trasparente sotto la quale un brulichio di Venere e vasi rappresenta il circolo sanguigno. Quindi forme organiche, il cui insieme a un titolo: germinazione. Il ritmo del moto dall’alto al basso esprime la nascita della materia, che, quanto più dal cielo scende a terra, tanto più si ingrossa e dalla cellula iniziale dà luogo ad entità sempre più complesse.

    Naturalmente si può anche immaginare il contrario, come è successo a me. Come se dalla terra si salisse al cielo e la materia sempre più si rarefacesse e purificcasse. Infatti pare dallo sguardo e dalle forme massicce, rozze e irregolari di aspetto sferico od ovoidale, quanto più si sale in alto. Dunque un processo di germinazione nel primo aspetto che si arricchisce di una dialettica inversione di marcia nel secondo. Insieme al doppio movimento (dall’alto in basso e viceversa) raffigura il ciclo della vita universale che pulsa dal microcosmo al macrocosmo e viceversa.

    Queste però sono forme di vita, materiali di cui tutti gli esseri, animati o inanimati, sono fatti. Giuliana mi dice che la prima ispirazione le venne della sua tesi sulle incisioni di Burri. Quella sua prima ispirazione trovò conferma e approfondimento sulle forme elementari, quelle che inconsapevolmente e istintivamente gli uomini della preistoria usavano come loro primi attrezzi. La ricerca di Giuliana non è dunque all’origine un fatto estetico, ma deriva da una tensione di natura filosofica.

    Ma se questa installazione concerne difforme sferoidali, l’artista ha rivolto la sua attenzione anche ad altre. Un’installazione realizzata a Limerick in Irlanda, come altre al castello di Sartirana e a Sirmione riconoscono nel cono la loro forma specifica. Ma attenzione! Lungi da Giuliana l’idea di ricorrere alla sfera o al cono in quanto forme perfette del volume geometrico. Anche i suoi coni del castello di Sartirana sono da ricondurre al concetto di germinazione, e il loro aspetto vagamente fallico rivela il desiderio di vita che c’è in loro. Del resto la medesima forma si può prestare alle più varie significazioni, può essere simbolo di vita come di morte, in obbedienza alla legge della trasmigrazione, per cui dalla vita si origina la morte era questa la vita. Se in posizione eretta significano desiderio di vita, i medesimi orizzontalmente sporgenti dal muro esprimono aggressività tesa alla distrazione. E difatti Giuliana ha realizzato ambedue i tipi di installazione. Questa coincidenza degli opposti è inerente a parecchie filosofie e credo che appartenga anche al buddismo a cui Giuliana ammette di essere vicina. L’eterno circolo della vita universale riguarda tutti gli esseri animati, condannati ad incarnarsi successivamente un’esistenza dopo l’altra. Ed ancora incessante mutabilità a cui soggiace tutto ciò che esiste, non ammette distinzioni tra spirito e materia, come per le religioni dell’Occidente, per le quali la materia, è soggetta a morte, mentre lo spirito dura in eterno. In conclusione, quando siamo di fronte a tale genere di installazioni, dobbiamo andare al di là delle loro parvenze e arrivare al concetto che ci sta dietro. Cosa non facile per il profano, ma fortunatamente queste installazioni non rispondono solo a una tensione intellettuale, per cui ci si potrebbe cavar d’impaccio con definizioni del tipo “ arte concettuale, poverismo “ e altre cose del genere.

    Queste forme rivelano anche connotati estetici, sono fatte anche per piacere. Denotano una partecipazione ottimistica, una capacità di gustare la vita e la natura nella loro varietà infinita di forme e colori. Il che è evidente in 1/3 tipo di installazione realizzato da Giuliana nel Bresciano con tubi luminescenti di vari colori, i quali, sovrapponendosi l’uno all’altro, salgono dall’impiantito sino a una botola del soffitto e sul pavimento sovrastante una corolla multicolore. Perciò lo spettatore deve salire al piano superiore per vedere come va a finire lo stelo che sale, e ogni volta devi immaginare o ricordare la parte che non vede, la corolla se si trova al piano inferiore, lo stelo se al piano superiore..

    In conclusione le installazioni di Giuliana rispondono a varie esigenze. Accostarsi all’opera e domandarsi qual è il significato dell’operazione mediante la quale è stata costruita. Gustare l’opera per le forme e colori al di fuori dell’ordinario. Attribuire all’opera un significato che nasce nello specifico della mente o dello stato d’animo del fruitore. Mi pare che siano queste le domande essenziali che ognuno di noi si deve porre.

    Se poi Giuliana sia scultrice o pittrice o le due cose insieme, sembra un ozioso interrogativo in questi tempi che rifiutano ogni catalogazione.

    Tanto più che le sue tele (mi ha detto che dipinge anche con gli strumenti di rito) non le ho viste. La maglietta che portava era esemplata da su quelle forme sferoidali, ma era troppo poco per dire alcunché

    1994

    Claudio Annaratone



    Una cellula rossa in campo verde. Contaminazioni metalliche stanno per entrare nel recinto, mentre in un punto si concentrano anticorpi di difesa del nucleo. Il rosso è acceso campo di vita, di energia esistenziale che nel verde complementare trova la sua migliore collocazione, perché anche metafora di natura, di immersione panica. Il nucleo ha incandescenze emotive, consapevolezza esistenziale nel momento in cui sta per essere aggredito da una pioggia di corpi estranei, resi consistenti dalla polvere di bronzo, che minacciano di turbare, lacerare, snaturare la condizione di apparente equilibrio. L’intento di Giuliana Bellini è di richiamare l’attenzione sui processi biologici cellulari, come luoghi del manifestarsi della vita nella sua forma energetica semplice ma anche luogo poetico dell’essere, delle sue dinamiche, delle minacce che lo circondano e lo aggrediscono (esperienze negative, violenza dell’uomo sull’uomo, inquinamenti atmosferici, sonori, ambientali e morali, che impoveriscono o tolgono il senso e il rispetto della vita). La cellula non è l’uomo nella sua rinascimentale, classica romantica interezza, è emblema della vita, e lo sguardo scientifico, l’occhio del microscopio, nell’immaginario dell’artista come mezzi di conoscenza, tramite del riconoscimento dell’umano.

    Bios, pertanto, si offre come ciclo di opere di esplorazione/interrogazione di equilibri vitali semplici, di forme sostanzialmente archetipe, che rappresentano i principii, i movimenti, le trasi tazioni, le metamorfosi del bioritmo: scissioni, fughe, penetrazioni, germinazioni, inglobamenti e trasformazioni dentro uno spazio emblematico esterno/interno, micro/macroscopico, fisiologico e psichico. Il colore rende la temperie emotiva dell’accadimento, come manifestarsi di consapevolezza interiore e, dunque, partecipazione alla vibrazione intima dell’universo: speranza di continuità e miglioramento qualitativo della vita.

    Padova 12 marzo 1992

    Giorgio Segato



    La “bio-pittura”di Giuliana Bellini

    La definizione, nel titolo, potrebbe sembrare arbitraria se non fosse del tutto rispondente all’intenzionalità dei presupposti creativi, prima enunciati e poi contenuti nelle opere. Infatti, dopo alcuni anni di ricerche nell’ambito delle forme e dei materiali “ in trasse -formazione “, Giuliana Bellini ha precisato nell’ultimo biennio i termini processuali della propria operatività, puntando decisamente gradienti biomorfici e cellulari della pittura- oggetto, sia in senso bidimensionale su parete che nel contesto più ampio dello spazio-ambiente, interno ed esterno, attraverso l’impegno di elementi componibili, o “ bio elementi “ plastico-pittorici.

    Le forme ameboidi, ispirate alla germinalità della vita, diventano così dai bio (titolo delle opere) montanti e proliferanti nei caratteri formali e sequenziali. Ovuli inseminati, in quanto forme policrome suddivise o percorse da frequenze e vibrazioni segniche. Segni di via di fecondazione e, quindi di “ tras-formazione “, attraverso i quali il corso dei mutamenti filogenetici viene a coincidere con l’intensità cromatica, moltievocativa, dell’immagine. Immagine, dunque, di un processo in atto che associa la forma alla materia, appunto in simbiosi biomorfica e, quindi, “ bio-pittorica “.

    Tuttavia, allo scopo di conseguire delle variabili nei risultati, Giuliana Bellini procede su due livelli differenziati: il primo è ancora vincolato al tradizionale impiego dei materiali della pittura, cioè la tela sagomata quale supporto di intervento pittorico con l’innesto di segni-legami di collegamento fra le parti; mentre il secondo viene ottenuto mediante una colata di colla vinilica, precedentemente colorata, la quale, rassodandosi, definisce in trasparenza i gradienti plastico-pittorici dell’immagine o, meglio, la “ bio-pittura “ dell’immaginazione biomorfica.

    1989

    Miklos N. Varga


    Questa volta l’incontro con le opere di Giuliana Bellini potrebbe anche rivelarsi sorprendente. È interessante infatti il presupposto che anima: quello di considerare lo spettatore non solo come fruitore intellettuale, ma principalmente come un essere vivente. Come dice Giuliana, “ l’energia percepibile stando di fronte ad un’opera non solo astrazione della mente, è coinvolgimento emotivo che appartiene al vissuto individuale “. In effetti ogni opera dovrebbe innescare una reazione di tipo biologico; in un certo senso dovrebbe rappresentare per i evidente qualcosa di più di una semplice opportunità percettiva. In qualche modo la forza di una proposta artistica risiede nella sua capacità ultima di schiudere uno spiraglio verso un mutamento percettivo intrinseco e quasi genetico, e non solo astratto e metaforico; non solo qualcosa di nuovo da vedere, ma un uomo vedere, nuovi sensi e nuova sensibilità. Titoli come “ bio “, “ germe “, “ cellula “, indicano che Giuliana Bellini lavora in questa direzione, assumendo il cosmo naturale come infinito suggeritore di forme, ma anche come fonte di energia evolutiva, trasfigurante e creatrice. In particolare certi lavori tridimensionali sembrano mimare, con lo spessore dei loro tessuti connettivi, il contorcersi su se stessi proprio dell’organismo vivente, ed in essi l’interiorità così faticosamente conquistata si coestende all’esterno grazie alla trasparenza che la materia conserva. Questi nuovi esseri venuti alla luce ci debbono far pensare che il nostro universo (mentale, biologico, estetico. ..) è attraversato da infinite aperture, e che un ulteriore mondo è ancora possibile.

    1989

    Marco Senaldi





    In giugno Giuliana Bellini ha presentato alla galleria 9 colonne/spe una sua personale dal titolo Mutazioni Genetiche: un’esposizione un po’ singolare è che conferma la validità della ricerca artistica di questa pittrice che spesso tocca argomenti inerenti ai problemi sociali e all’attualità.

    Il giorno dell’inaugurazione la Bellini ha fatto una performance che è stata così descritta da Marco Sorsoli Fogliata: “ entrando in galleria si rimaneva perplessi di fronte ad un enorme uovo di cioccolato, aperto per metà e che a disposizione dei visitatori per essere mangiato! La trovata, abbastanza inconsueta è venuta all’artista Giuliana Bellini che presenta alcune opere, tutte con riferimento al nuovo, o quantomeno alle cellule e alla genetica informazione. L’uomo di cui prima si diceva, è stato aperto durante la vernice che si è tenuta sabato 21 maggio. E aggiungiamo, i visitatori accorsi per vedere la “ sorpresa “ annunciata nell’invito hanno visto che usciva dall’uovo un grande orsacchiotto azzurro dall’espressione di soave felicità che è entrato a far parte dell’opera dal polemico titolo Mutazioni Genetiche. L’opera in questione non è stata però purtroppo vista da molti perché il giorno seguente è stata tolta dalla mostra. Sono rimasti alle pareti i dipinti che completavano l’esposizione anch’essi polemici e chiaramente in tema: pezzi di pittura che per l’interessante tecnica usata dall’artista e per il loro contenuto hanno comunque suscitato commenti favorevoli degli esperti che hanno visitato le 9 Colonne una delle gallerie bresciane che da anni propone mostre di alto livello

    1988

    Ella Schiazzi