Recensioni sull'artista Giovanni Iovacchini

    "Non esiste la fotografia artistica. Nella fotografia esistono, come in tutte le cose, delle persone che sanno vedere e altre che non sanno nemmeno guardare."

    Nella concezione di uno scatto che non è che furto di un attimo del reale, per trasmettere ad altri quanto di profondamente vero ha colpito il suo animo, Giovanni Iovacchini porta avanti un discorso fotografico personale non catalogabile entro gli schemi del "consueto".

    Una sensibilità espressiva che è ulteriormente accresciuta dall'esperienza di insegnante con alunni di ogni età e capacità, a cui si avvicina con spirito allegro e dissacrante. Capire e accogliere il volto vergine di chi si accosta per la prima volta alla

    fotografia è condizione necessaria ad una miscela di esperienza e consapevolezza, freschezza e novità.

    Nelle sue foto troviamo la ricerca di "non scomparsa" della vita, sia quella immortale della luce irripetibile di uno scorcio del paesaggio, sia la vita brutale, nuda nell'espressione di un volto, fisica ed erotica nel particolare di un corpo. Un'indagine scevra di imparzialità ma impastata nel soggettivo, una ricerca che si definisce movimento: ciò che è in un punto della storia non lo era l'istante precedente e muterà in modo impercettibile e costante.

    Ciascuno dei suoi scatti suggerisce una storia, un punto di partenza, un'impressione leggera: scandaglia la nostra immaginazione nella curiosità di trovarvi un seguito, mai una fine.

    Valentina Di Cesare


    La mostra di Gianni Iovacchini, fotografo abruzzese in giro per il mondo in Agosto a Venezia al Cafè Imagina. "Ebbene si. Dopo Pescara, San Valentino in AC e Foggia la mia mostra "Appunti Sparsi di Viaggio" approda a Venezia. Dal 1 Agosto e per tutto il mese la si potrà visitare gratuitamente presso lo spazio espositivo gentilmente concesso da Stefano Baldan di Imagina Cafè che ringrazio". Gianni Iovacchini scrive in un post sul social, "Un ringraziamento speciale al giornalista Paolo Di Vincenzo che ha accettato di scrivere la recensione di quest'ultima avventura.

    Grazie, grazie e ancora grazie a tutti voi.

    Un uomo inginocchiato su una striscia pavimentata e in fondo la cattedrale di Fatima, sembra la negazione dell’aforisma di Karl Marx (La strada per l’inferno è lastricata - di buone intenzioni). Qui è lastricata la strada verso il paradiso, o almeno così deve pensare l’uomo.

    Una chiesa senza soffitto, in Portogallo, con la maestosità delle colonne e delle navate, ancora più evidente al cospetto del cielo, suggerisce quasi un collegamento tra il cielo e il sacro. Una nuvola sul campanile di Matera che disegna un’aureola: una sorta di metereologica santificazione. E poi volti, caravaggeschi, duri, forti, brutti, ma allo stesso tempo meravigliosamente veri, belli, santi come la bambina dagli occhioni scuri in braccio alla madre, un po’ sfocata. E ancora le immagini di povertà, miseria inimmaginabile, nel nostro ricco e scontento occidente, in Georgia, in Armenia.

    Eppure, eppure, eppure quei volti segnati dalle rughe, dalle cicatrici reali e psicologiche, trasmettono gioia, felicità, serenità, pur nel fango, nella scarsità degli oggetti, nella limitatezza dei valori materiali, nell’insufficienza dei beni (o meglio, di quelli che noi occidentali, ricchi e sempre scontenti, riteniamo tali). Sono gli Appunti sparsi di viaggio di Giovanni Iovacchini che, non casualmente, sottotitola la raccolta di immagini qui presentate come una parte di ciò che ho trovato sulla mia strada.

    E sulla strada di Iovacchini c’è il suo occhio meccanico, la sua macchina fotografica a registrare momenti, sensazioni, profumi, colori, incontrati in mezzo mondo, dall’Italia, dal suo Abruzzo, al Portogallo, dalla Georgia e dall’Armenia alla Sicilia, fino alla capitale mondiale, quella New York tanto lontana dagli Stati Uniti e dall’immaginario collettivo a cui appartiene.

    Non ama le didascalie, Iovacchini, preferisce che a suggerire reazioni a chi guarda le sue foto siano i soggetti inquadrati e il vissuto, il sapere, le esperienze di chi è dall’altra parte del vetro, come fosse lì, in quel momento, a riprendere con lui. Una scelta non sempre condivisibile ma da rispettare soprattutto se il risultato è questo.

    Uno sguardo sul mondo che fa capire che tanto diversi non siamo, anzi siamo proprio uguali, tutti. Ovunque viviamo, da ovunque proveniamo, il senso alla vita lo diamo noi. E guardando il vecchio al fianco di una similFiat con il cofano alzato, la donna che ride

    soddisfatta anche senza i due incisivi superiori ma con uno strepitoso cappello di paglia, i bambini che giocano allegri tra lamiere di eternit o con la faccia sporca di terra, non di cioccolata, siamo sicuri di essere noi quelli felici?

    Paolo Di Vincenzo


    "Si può viaggiare in tanti modi, oggi: con la valigia, la mente o il cuore, materialmente o virtualmente, sulle ali di un libro o di un Boing. Qualunque sia la maniera, però, quel che conta è lasciarsi plasmare dalle esperienze, gli incontri, i paesaggi". Commenta la

    mostra Flavia Florindi. "E poi condividere l’emozione dell’attimo, del dettaglio, di quel qualcosa difficile a volte da esprimere con le parole. Ecco allora che la fotografia può compiere il miracolo, arrivando giù fino all’essenza e riportandola in superficie. ‘Appunti (sparsi) di viaggio ‘ di Giovanni Iovacchini si propone proprio questo: raccontare con un uso sapiente del linguaggio della fotografia, luci, piani e colori, gli stati d’animo che possono generarsi da una ruga, una croce, una nuvola o una sezione di piano. Gli scatti di Giovanni Iovacchini sono infatti alieni dall’essere un puro esercizio fotografico: essi sono piuttosto epifanie, allegre, dolorose, mai giudicanti e però nemmeno distaccate, dialogo personale con il soggetto di fronte, ricerca dinamica di significati, che l’obiettivo impressiona con il desiderio di comunicarlo a tutti. La fotografia di Iovacchini, con una lunga militanza nell’educazione alla settima arte nonché acuto esaminatore in svariate competizioni concorsuali, è allusione,

    ricerca, immaginazione, ma soprattutto stupore per ogni nuova scoperta. Allora lasciamoci contagiare dallo sguardo empatico di Giovanni e viaggeremo con lui dentro e fuori di noi”.

    Flavia Florindi


    Le fotografie di Giovanni Iovacchini docente FIAF e benemerito della fotografia italiana, oltre quaranta, esposte nello Spazio Qui Arte di San Marino, rappresentano il segno di un “viaggio”

    dell’animo, attraverso il quale il fotografo pescarese testimonia le culture, le differenze, le storie dei suoi viaggi intorno al mondo.

    “Non è un reportage- afferma con calma- ma uno scambio con le persone, i paesaggi, le cose, gli edifici. Sono attimi con i quali interagisco. Voglio capire ciò che sto fotografando”.

    Dalla Tanzania all’Armenia, dalla donna con il suo bambino che chiede l’elemosina per strada, alla frenesia del mercato a Zanzibar, ciò che traspare sono le tracce che quelle immagini lasciano nel

    suo racconto, ciò che la luce restituisce in sofferenze, emozioni che Iovacchini porta con sé, nel proprio viaggio di ritorno, attratto dal confronto con la propria vita.

    Insomma una sorta di viaggi al plurale, nel suo personale viaggio intimo e profondo, di chi ama la vita, in cui la fotografia si solleva dalla pura tecnica, necessaria ma mai fine a se stessa, per riempire

    lo spazio di domande, di segnali che provengono dalle immagini oltre l’obiettivo, e ai quali le persone che guardano le sue foto,siano in grado di rispondere e di farsi coinvolgere. Solo così la sua

    foto diventa testimone, messaggio e passaggio dai personaggi, dagli incontri, dalle cose, che giungono a noi che le guardiamo.

    Una foto interattiva, empatica, fino a diventare in alcuni casi sociale.

    Dal suo Abruzzo, al Portogallo, dall’Armenia alla Sicilia, a New York, il suo sguardo sul mondo ci rende tutti uguali, con le nostre sofferenze, con la nostra felicità, perché quelle foto ci parlano e

    Iovacchini ci fornisce la chiave, attraverso le sue immagini, per farle diventare nostre, che ritraggano la povertà, il fango delle strade, la mancanza d’acqua, i bambini o piuttosto la città moderna con il proprio messaggio di solitudine e di violenza.

    “Siamo sicuri di essere noi occidentali quelli più felici?”si chiede Giovanni Iovacchini, curioso, al termine dei sui tanti appunti sparsi, usati come pretesto del suo lungo viaggio dell’animo, questa volta al singolare.

    Beniamino Gigante