Mostra “Nilo Cabai e Paolo Valle”

La Città di Pieve di Soligo, in collaborazione con l’Associazione VenetoArte, continua nella sua politica di valorizzazione degli artisti del Triveneto che, se pur radicati in quest’area territoriale, abbiano saputo acquisire fama nazionale e internazionale.

A partire da una proposta di Balilla Gritti, ha così preso vita l’esposizione delle opere del friulano Nilo Cabai (Udine 1931) e del veneto, ma da tempo prevalentemente attivo in Friuli, Paolo Valle (Venezia 1948).

La mostra si articola in due distinte esposizioni personali.

Partito da un solido e sensibile approccio naturalistico, nel corso della sua ampia e appassionata indagine pittorica Nilo Cabai è venuto via via superando ogni sottomissione alle parvenze più immediate ed esteriori delle cose, delle persone e degli ambienti, per attingere a una più coinvolgente immersione negli aspetti più profondi e segreti della visione, perseguiti tramite l’individuazione di alcuni particolari fulcri tematici, sui quali incentrare la sua sensibile e raffinata riflessione pittorica. Profondamente legato alle proprie radici, a ispirarlo inizialmente sono stati gli scenari naturali delle terre friulane, le antiche facciate delle chiese, i colori dei boschi e delle verdi pinete carsiche, le coste e il mare di Trieste, città nella quale ha trascorso la sua infanzia e che ha lasciato in lui una impronta indelebile. Ben presto il suo continuo dialogo con la natura verrà tuttavia dipanandosi in sensibili e aperte architetture tonali, intessute di trasparenti cromie, di morbide velature, di mutevoli ombreggiature che, sposandosi con il vario accostarsi di sempre variate tramature geometrizzanti, creano sottili moti, contrappunti, meditative immersioni, impalpabili affioramenti.

Tramite la sua capacità di relazionarsi ai più diversi aspetti dell’esistere, verrà così creando nuove, nutrite serie di opere: “Fusioni”, “Altiforni” “Architetture spontanee”, “Borgate”, “Progetti urbani”, “Agglomerati”, “Muri”, “Portali”, “Cantieri”, “Memorie di civiltà”.

Quello di Cabai non è un universo platonico di puri modelli ideali. Viceversa, è a partire dalle contrastanti singolarità delle cose che il pittore muove la propria immaginazione alla ricerca di un mondo più intelligibile e armonico.

Nuove tematiche verranno intanto configurandosi nell’ambito di un sempre più raffinato simbolismo lirico: un più morbido fluire di linee delimitanti delicate effusioni di forme-colore daranno vita, ad esempio, a sognanti immagini di “Nudo”, mentre ritmiche e ariose sinfonie di azzurri e di blu evocheranno invece gli incoercibili desideri di libertà delle “Vele”.

Una ancor più pacata scansione dei piani e delle superfici caratterizza infine le più recenti “Sintesi esistenziali”, nelle quali Cabai riesce a dare immagine a sempre più profonde istanze di equilibrio, di semplicità e di ordinata armonia.

 

Completamente diverse la personalità e le opere di Paolo Valle. Veneziano d’origine, Valle ha viaggiato il mondo, per mare e per terra, via via maturando esperienze che lo hanno portato a superare il provincialismo che consiste nel ritenere il proprio modo di vivere, la propria visione del mondo come la sola via giusta, l’unica superiore scelta possibile, il centro dell’universo. È così venuto acquisendo una significativa capacità di attenzione e di accoglienza nei confronti di culture, comportamenti, espressioni diverse, giungendo a valutare senza presunzioni, ma con un certo fondamentale distacco, tempi e luoghi, comprendendo che anche le supposte novità assolute possono probabilmente essere frutto di segrete sedimentazioni, che anche ciò che si ritiene o viene proposto come affatto originale nasce spesso da mescolanze, innesti fruttuosi, ibridazioni e che al di là delle innovazioni tecnologiche o delle rivoluzioni dell’informazione e dei media, l’uomo continua pur sempre a vivere con le sue angosce, le sue difficoltà, i suoi desideri e le sue speranze. Nei quadri di Paolo Valle sembrano allora risuonare lontani echi delle riverberanti superfici musive della sua Venezia, variamente memori delle lontananti visioni dell’Arte Bizantina, ma non mancheranno altresì significativi riferimenti all’amore per il colore, le calligrafie e le decorazioni tipiche dei tappeti orientali, a loro volta richiamantisi al gusto dei raffinati smalti e delle antiche miniature e spesso arricchiti dalla presenza di figure umane e animali, diversamente stilizzate, disseminate liberamente nel campo, con grande sapienza ed estro compositivo. Ma certo non mancano anche ulteriori elementi, tra i quali, ad esempio, seppur filtrati e mediati con meditata ironia, sembrano affiorare qua e là sottili rimandi a Braque, a Matisse e, più in generale, alle raffinatezze della pittura francese del XX secolo, o alle molteplici scritture del secondo Surrealismo. É, comunque, dalla capacità di sfuggire dal contingente e insieme di tener conto delle continue emergenze del reale che Valle sa trarre ispirazione per temi e motivi sempre nuovi. Talora gli elementi di partenza sono gli aspetti del quotidiano, come nella serie significativamente intitolata “Caffé avec”, mentre in altri casi, forse proprio per sfuggire a una quotidianità sempre più amorfa e alienante, aemergere è il desiderio di un “Altrove”: nell’immaginazione e nella fantasia. Protagoniste di queste, come delle altre avventure del pittore sono sempre più elementari e suggestive delineazioni antropomorfe, sempre in bilico tra il segno e l’immagine: misteriosi grafemi archetipici, multiformi ideogrammi sempre pronti ad assumere e far propri significati diversi.

Eccoli, ad esempio, rappresentare i caratteri della marionetta, del cantastorie, del saltimbanco, o assumere i tratti irriverenti ed enigmatici dell’Ubu Roi di Alfred Jarry o sottolineare l’imprevedibilità della vita evocata dalle immagini delle carte da gioco.

In altri casi, ad affiorare sembrano invece essere i tratti magici della preistoria, l’evocazione dei misteriosi feticci dell’arte africana e ancora le impronte e i reperti di antichi popoli o le indecifrabili effigi di idoli e amuleti sperduti nella notte dei tempi.

Ma analoghe testimonianze segniche possono altresì farsi interpreti della più bruciante attualità: farci riflettere sull’inarrestabile dramma dei migranti, come in “Loro” del 2021, o renderci partecipi dell’insensatezza della guerra come in “Potere tossico. (Cartolina dall’Ucraina)”, del 2022.

 

Le due mostre sono entrambe accompagnate da un autonomo catalogo: quello di Nilo Cabai (Nilo Cabai. “Simbolismo lirico”. Opere 1987 - 2022) contiene testi di Dino Marangon e di Gianluca Macovez, ai quali il pittore ha voluto unire lo scritto redatto da Licio Damiani nel 2015, in occasione della donazione di un gruppo di sue opere al Museo d’Arte Moderna di Casa Cavazzini a Udine.

Il catalogo di Paolo Valle (Paolo Valle “Altrove”. Opere 2011 - 2022) reca in sé i contributi critici di Marangon, di Macovez e di Gabriele Salvaterra.

 

Curata da Dino Marangon, con l’organizzazione e l’allestimento di Pierangelo Zanco, la mostra è a entrata libera e rientra nel calendario RetEventi Cultura Veneto 2022.

 

L’inaugurazione si terrà sabato 3 settembre alle ore 18.00; al termine seguirà un momento conviviale offerto dal Consorzio Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore.

 

Villa Brandolini
Piazza Libertà 7, 31053 Pieve di Soligo (TV)

dal 4 settembre al 9 ottobre
Orari: sabato 16.00-19.00 domenica 10.00-12.00 e 16.00-19.00
Ingresso libero